Perché ci si vergogna della propria vergogna

La fobia sociale fa parte dello spettro dei disturbi d’ansia e si manifesta in quelle situazioni sociali in cui al soggetto è richiesta  una prestazione o un’interazione. La persona affetta ha paura…

– Di esser valutata negativamente dagli altri (timore del giudizio altrui);
– Di fare o dire cose imbarazzanti;
– Di esser vista in preda alla vergogna.

L’evitamento

Chi soffre di fobia sociale comincia ad evitare tutte quelle situazioni, giudicate pericolose e fonte di imbarazzo, nelle quali può risultare evidente a tutti la propria inadeguatezza o incapacità, che si manifesta attraverso l’emozione dell’ansia e della vergogna (arrossamento, sudorazione, tremore). Il soggetto percepisce se stesso come fragile, debole emotivamente, incapace di controllare e gestire il proprio corpo ed il proprio mondo emotivo, egli inoltre ritiene che si debbano seguire delle ferree regole sociali, che si esprimono con una serie di “devo.. dovrei”.

Il pensiero
Da un punto di vista cognitivo, la persona ha quindi la tendenza a sottostimare le proprie performance sociali ed a sovrastimare sia  la probabilità che un esito sociale negativo avvenga, sia la gravità delle conseguenze che possono derivare se l’esito temuto accade realmente.

La reazione di attacco-fuga
Come per gli altri disturbi d’ansia, anche nella fobia sociale si innesca la reazione di attacco o fuga , in cui il pericolo da cui si deve fuggire, altrimenti si potrebbe soccombere, è la paura eccessiva di esser messi in imbarazzo, esser umiliati o giudicati negativamente: l’attivazione fisiologica naturale che si scatena di fronte alla percezione di un pericolo, viene caricata di un particolare significato negativo, essa diviene segnale evidente a tutti della propria incapacità e incompetenza.

Ansia anticipatoria e comportamenti protettivi 

La persona che soffre di fobia sociale tende sia a preoccuparsi molto tempo prima circa la possibilità di trovarsi in una determinata situazione sociale (ansia anticipatoria: es. “ e se diventerò rosso ed avrò un buco di memoria”.. “e se non saprò cosa dire al momento giusto?”), sia a mettere in atto molti  comportamenti protettivi (ripetere mentalmente di frasi o gesti, indossare abiti leggeri o freschi, usare deodoranti in dose elevata ecc).

Il circolo vizioso

Nel momento in cui il soggetto si troverà a vivere una delle situazioni temute, egli avrà già alto il livello d’ansia (tachicardia, respiro affannoso, rossore, sudorazione), ciò comporterà che tutta la sua attenzione sarà dirottata verso questi segnali corporei di ansia ed imbarazzo (attenzione selettiva sul sé) con lo scopo di monitorarli e con l’illusione di poterli controllare,  l’esito finale di questo checking, invece, non sarà altro che l’aumento della percezione di tali sensazioni. Tutti questi segnali fisici vengono interpretati come prova tangibile della propria inadeguatezza e della scarsità della propria prestazione (vergogna della vergogna) di cui gli altri saranno consapevoli.
Concentrando tutte le energie psichiche sul proprio corpo, la persona non sarà in grado di tenere in considerazione gli elementi ed i segnali che provengono dal contesto e che potrebbero aiutarla nel ridimensionare la situazione che sta vivendo, di conseguenza non riuscirà ad elaborare un’ adeguata strategia di fronteggiamento del pericolo, per cui alla fine la sua performance risulterà più scadente di quanto in realtà poteva esser, proprio perché la “testa era altrove”. Come una profezia che si autoavvera, il soggetto rileggerà questa scarsa prestazione come conferma delle proprie credenze iniziali circa il proprio scarso valore, riverberando così il circolo vizioso: sono inadeguato e devo stare attento a tutti i segnali corporei che possono rivelare questo mio modo di sentirmi (credenza iniziale), ma più cerco di tener sotto controllo tali sensazioni più le sento (attenzione sul proprio corpo), più le percepisco più mi agito e penso che non ce la faccio, ma più mi agito più sarà evidente a tutti questo mio stato che gli altri leggeranno come mio scarso valore personale con il risultato finale che davvero peggioro le mie performance e confermo l’idea che sono inadeguato!
Come per gli altri disturbi d’ansia, anche nel caso della fobia sociale, la persona affetta rimane incastrata dentro un circolo vizioso che si autoalimenta a causa delle convinzioni, delle credenze, dei pensieri che formula in merito agli avvenimenti sociali che incontra, andando ad influenzare negativamente le emozioni che esperisce. Il risultato finale è da un lato la percezione personale di scarsa efficacia e di scarso controllo su quanto accade, dall’altro il rafforzamento delle proprie idee/valutazioni disfunzionali e distorte.

La terapia cognitivo-comportamentale

La terapia cognitivo-comportamentale aiuta la persona a individuare le proprie credenze centrali (come mi percepisco, come percepisco gli altri, la realtà ), mettendo in luce i diversi errori di ragionamento e le diverse distorsioni che compie e che lo portano ad alimentare il disturbo.
Il nocciolo della terapia non è far sparire le emozioni di ansia e vergogna, quanto quello di cambiare i pensieri, che accompagnano ed influenzano queste manifestazioni emotive,  in altri più realistici e funzionali.

(articolo tratto da www.ansiasociale.it)

 

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