Accettazione e impegno

Per illustrare il concetto di accettazione e impegno, basilare nella terapia di terza generazione ACT, ho voluto qui riportare un articolo del Dott. Spagnulo, Psichiatra e Psicoterapeuta, Presidente della Società Italiana di Psicoeducazione, socio ordinario della Associazione Italiana Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva

L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) è una delle più interessanti varianti della cosiddetta terza onda della Terapia Cognitivo Comportamentale.
Sebbene condivida con l’MBCT (Mindfulness Based Cognitive Therapy), con l’MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) e con la Terapia Dialettica (gli altri tre più noti approcci della cosiddetta “terza onda”) la centralità della mindfulness, se ne distingue per una maggiore radicalizzazione della sua filosofia di intervento.
L’ACT, infatti, pone esplicitamente in discussione alcuni paradigmi della terapia comportamentale e cognitiva proponendo un vero e proprio nuovo modello di psicologia basato sulla nozione di contesto (Contextual Psychology) e su una teoria linguistico-semantica (Relational Frame Theory).
Non discuterò in questo articolo i dettagli di queste teorie, vorrei qui solo sottolineare le due differenze fondamentali, riservando agli altri articoli (in via di pubblicazione) gli aspetti teorici e tecnici.
Una delle differenze più evidenti dell’ACT, rispetto alla terapia cognitivo comportamentale standard, è il forte accento dato alla libertà di scelta. Un presupposto fondamentale dell’intervento basato sull’ACT è la possibilità di scegliere il proprio comportamento indipendentemente dal disagio causato dallo stato emotivo, dai pensieri e dalle sensazioni. Ed il comportamento migliore è quello che va nella direzione dei propri valori e delle cose più importanti per la vita di una persona.
Questa è la componente di impegno (Commitment) della terapia.
L’altro aspetto è la radicalizzazione dell’accettazione della esperienza interiore in quanto tale, senza correttivi, senza aggiustamenti o tentativi di controllo. L’esperienza interiore non può essere spiegata, a meno di non incorrere in un accumulo di pensieri su pensieri che non fanno altro che aggravare la complessità della sofferenza. L’esperienza interiore non può essere controllata, a meno di non incorrere in un’amplificazione della sofferenza, l’esperienza interiore non può essere corretta, a meno di non incorrere in un irrigidimento del proprio carattere.
Questa è la componente di accettazione (Acceptance) della terapia.
L’infinità di tecniche, metafore, giochi e provocazioni di cui si avvale l’ACT ruotano intorno a questi due principi che hanno dato il nome alla terapia.
Nel suo complesso l’ACT incoraggia a prendere in mano la direzione della propria vita, senza cadere nella trappola del linguaggio, se per linguaggio intendiamo la complessa articolazione dei significati che noi umani attribuiamo (arbitrariamente) alla semplice e diretta esperienza percettiva del presente.
Da questo punto di vista si può comprendere l’affinità dell’ACT con la mindfulness.

Dott. Spagnulo (Psichiatra e psicoterapeuta, presidente della Società Italiana di Psicoeducazione, socio ordinario della Associazione Italiana Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva)

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