Le cause dell’insicurezza femminile

Come spesso accade quando si cerca una risposta a un determinato comportamento umano, si trova qualcosa sia nell’ambito della natura (fattori genetici) che in quello della cultura (fattori ambientali).

Quello che sappiamo oggi è che i cervelli maschili e femminili sono molto più simili che diversi, pur presentando delle differenze sia strutturali che chimiche.

<< Leggi anche l’articolo “L’insicurezza delle donne”

Esempi di differenze strutturali e chimiche

L’amigdala

L’amigdala è una struttura sottocorticale considerata il centro primitivo della paura, dell’elaborazione della memoria emotiva e delle risposte a stimoli stressanti. Gli studi dimostrano come in presenza di stressor le donne attivino più spesso l’amigdala rispetto agli uomini: questo potrebbe indicare che le donne tendano a conservare più a lungo il ricordo di un evento stressante; in effetti rimuginano di più sugli eventi traumatici o semplicemente negativi, rispetto a quanto facciano gli uomini. Il rimuginio è donna, direbbero alcuni.

La corteccia cingolata anteriore

La corteccia cingolata anteriore, da alcuni definita come “sistema di allarme”, è una piccola struttura cerebrale deputata principalmente al riconoscimento dell’errore e alla valutazione delle alternative. Tale struttura è più grande nel cervello femminile e questo, dal punto di vista evolutivo, è stato un vantaggio: le donne sanno prevedere meglio degli uomini il pericolo. E’ tutt’ora e in tutte le situazioni un vantaggio?

Gli ormoni

Alla base di tante differenze tra maschio e femmina ci sono testosterone ed estrogeno: quest’ultimo “guida” le donne ad incoraggiare rapporti interpersonali e legami, scoraggiando invece il conflitto e il rischio; purtroppo queste tendenze, in alcuni contesti, minano la possibilità di costruire un solida fiducia in se stessi.
Il testosterone è implicato in innumerevoli fattori: la velocità, la forza fisica, le dimensioni dei muscoli, l’istinto alla competizione, alla vittoria e alla dimostrazione di forza: tutti fattori questi che contribuiscono alla fiducia in se stessi.

Fattori culturali
Spostiamoci per un momento in un’aula qualsiasi di una scuola elementare qualsiasi. Notiamo così come alle bambine venga più facile comportarsi bene: hanno difatti curve dell’attenzione più lunghe, capacità verbali più avanzate, maggiori abilità manuali e sociali. Le bambine imparano presto e bene che per ottenere dei premi (o per non ricevere punizioni) bisogna lavorare sodo e in silenzio: imparano che cosa quindi? Ad essere lodate quando sono perfette. Ciò alimenta sia la tendenza al perfezionismo che il bisogno di approvazione, e disincentiva l’assunzione di rischi. Questo è dannoso! Correre dei rischi, concedersi il lusso di sbagliare e di riprovarci sono esperienze assolutamente essenziali per sviluppare la fiducia in se stessi.
Rimaniamo nell’aula elementare e osserviamo ora i maschietti: tendono a ricevere più critiche e punizioni e questo, tendenzialmente, li aiuterà nella a gestire gli insuccessi in modo positivo, a “prenderli con filosofia”. Un’ottima prerogativa per la fiducia in sè.

Lo sport
Studi in ambito sportivo dimostrano come le ragazze che praticano sport di squadra hanno maggiori probabilità di laurearsi e di trovare un lavoro in settori di norma dominati dagli uomini; probabilmente questo risiede nel fatto che lo sport, insegnando a godersi le vittorie e a sopravvivere alle sconfitte, è un ottimo allenamento per essere fieri dei successi e per non lasciarsi abbattere dagli insuccessi nel lavoro. Purtroppo però, indovinate? Le femmine che praticano sport sono meno dei maschi.

La plasticità neuronale
La buona notizia è che il nostro cervello, maschile o femminile che sia, è dotato di una meravigliosa caratteristica denominata “plasticità neuronale”: il cervello cioè cambia, e può farlo praticamente in ogni fase della nostra vita, in base agli stimoli ambientali. Per esempio quando gli uomini passano più tempo coi propri figli, i loro livelli di testosterone si abbassano e vi sono naturalmente tanti altri esempi simili.
Lo psicologo Richard Petty ha definito la fiducia in sé come quella cosa che trasforma i pensieri in giudizi su quello che siamo in grado di fare, e i giudizi in azione: come dicevamo nell’articolo “L’insicurezza delle donne” siamo di fronte a un circolo virtuoso in quanto la fiducia in se stessi si costruisce per accumulo, attraverso il lavoro i successi e gli insuccessi. Più faccio più ho fiducia, più ho fiducia più faccio. Abbiamo sostenuto che, grazie alla plasticità neuronale, i nostri cervelli possono cambiare in base alle esperienze che viviamo: ecco perché il più grande nemico, causa e allo stesso tempo conseguenza della sfiducia in se stessi, è l’inazione, l’immobilità, il mantenimento di uno status quo.
Concludo sottolineando come abbiamo molta più possibilità di scelta e di influenza sull’ambiente che ci circonda di quella che crediamo. Se gli uomini possono “decidere” di abbassare i loro livelli di testosterone scegliendo di passare più tempo coi loro figli, cosa succede se scegliamo di seguire un percorso spirituale, di fare un’esperienza nuova, un viaggio? Cosa succede se ci rimbocchiamo le maniche e decidiamo di iniziare una psicoterapia, magari specificatamente mirata sull’autostima, l’autoefficacia, l’assertività e il problem solving?

(Fonte: Kay K., Shipman C., “La fiducia delle donne”, Internazionale, 1055 [anno 21], 2014)

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