Il fiore di Loto e l’Ensō: i 7 motivi per cui li ho scelti

Forse qualcuno potrebbe chiedersi perché, per il logo che rappresenta la mia attività professionale di psicoterapia, io abbia scelto il fiore di loto racchiuso dentro un cerchio. Iniziamo con lo spiegare che il tondo prende il nome di ensō (円相): è una parola giapponese che significa cerchio…

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Ed ecco perché trovo dei nessi tra l’ensō e un percorso di psicoterapia:

  1. L’ensō simboleggia l’illuminazione e la forza: la stessa forza che ci fa riconoscere di aver bisogno d’aiuto, e chiederne; l’illuminazione che arriva quando comprendiamo il nostro funzionamento, ciò che mantiene le nostre problematiche, ciò da cui esse provengono e come possono essere affrontate in modo più efficace.
  2. Spesso l’ensō viene disegnato con un’apertura che potrebbe simboleggiare che non sia separato dal resto, ma faccia parte di qualcosa di più grande. Quando ci liberiamo dalle catene dei nostri processi mentali disfunzionali, ci accorgiamo di quello che succede intorno a noi, ci accorgiamo dell’altro, riprendiamo ad avere un sano contatto col mondo che ci circonda. Perché facciamo parte del tutto: facciamo parte della nostra famiglia d’origine, del nostro gruppo di amici, della nostra coppia, del gruppo di colleghi, della nostra nuova famiglia, della nostra società…
  3. L’ensō non ha regole formali: può essere perfettamente simmetrico o completamente sbilanciato, tracciato con pennellata sottile e delicata o spessa e massiccia; non viene data alcuna importanza alla perfezione formale. La psicoterapia aiuta il nostro “sé” a sbocciare così com’è, libero da sovrastrutture (ma al tempo stesso capace di adattarvisi in modo funzionale), capace di amarsi e di amare tutte le sue unicità.
  4. L’ensō è un’espressione della mente di chi lo dipinge. La psicoterapia è anche trovare un modo di esprimere se stessi: si impara ad esprimere i propri bisogni, i propri desideri e i propri pensieri con assertività.
  5. L’ensō viene dipinto con un movimento unico per simboleggiare il qui-e-ora: in psicoterapia viene data enfasi certo al nostro passato e ai nostri obiettivi futuri, ma ciò passa attraverso l‘acquisizione dell’abilità di stare qui-ora, cioè di osservare i propri pensieri e le proprie emozioni anziché rimanerne invischiati, accettarli come fenomeni mentali che sono qui-ora impermanentemente, e al tempo stesso accogliere ciò che è davvero nel nstro presente (il colloquio di lavoro di domani per cui sono tanto preoccupato, è qui-ora? Le parole del mio compagno che mi hanno così tanto ferito ieri, sono qui-ora?)

Perché il loto?

  1. Il fiore del loto, in diverse culture orientali, è associato al benessere, alla rinascita, all’illuminazione, alla consapevolezza della propria natura e della propria forza. Tutti noi siamo alla ricerca di queste cose e le possiamo raggiungere in modo diverso: chi coltivando una passione, chi curando i propri affetti, chi intraprendendo un viaggio spirituale… E alcuni hanno bisogno di curare la propria sofferenza con un percorso di psicoterapia che permetta loro di conoscersi (“consapevolezza della propria natura e della propria forza“), di comprendere i loro meccanismi e i loro reali bisogni (“l’illuminazione”) per poter così davvero ricominciare, rinnovarsi e imparare a stare bene: una nuova-mente, insomma (“benessere”,“rinascita”).
  2. Il loto affonda le radici nel fango per poi distendersi sulla superficie delle acque stagnanti e uscire da esse immacolato e bellissimo: intraprendere un percorso di conoscenza di se stessi e di acquisizione di nuove abilità (comunicative, di regolazione emotiva, di relazione… ) vuol dire essere come il loto non perché non ci si accorge dei problemi della vita, ma perché si impara ad affrontarli e superararli senza lasciarsene travolgere o condizionare, bensì gettando un’ancora anche quando la tempesta sembra volerci trascinare via. Non solo, emergere puliti nonostante le proprie radici siano immerse nel fango, come il loto, vuol dire emergere forti e saldi e belli da un passato difficile, fatto per alcuni di traumi, per altri di senso di esclusione, di inadeguatezza, per altri ancora fatto di svalorizzazioni e deprivazione d’amore. Uscirne con resilienza.
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